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Lettera a Sinisa: un dolore forte e preciso, come le sue parabole

Sinisa Mihajlovic non ce l’ha fatta. Il guerriero di Vukovar ha lottato fino alla fine, con grande tempra e carattere, cifre caratterizzanti di un uomo di calcio straordinario

Forte e preciso.

Proprio così.

Forte e preciso, il dolore arriva nello stesso modo con cui le tue micidiali punizioni arrivavano a segno. Ma stavolta, non hai colpito la rete avversaria. Bensì, il cuore di milioni di appassionati.

Quando conobbi calcisticamente Sinisa Mihajlovic era un capellone, un cavallo pazzo che mulinava il suo sinistro allenato per anni nel cortile di casa, per la disperazione della famiglia. Che botte alla serranda… In quella Stella Rossa meravigliosa era forse il talento più snobbato, perché non accarezzava gli occhi con la tecnica o l’eleganza di Savicevic o la classe di Prosinecki. Non strappava i titoloni dei giornali, destinati ai gol a grappolo di Pancev. Quella banda incredibile salì sul tetto d’Europa e del mondo. Quella bella realtà si smembrò e i suoi campioni andarono altrove, tanti di loro in Italia. Tu, Sinisa, fosti uno di questi.

Aver privato la Jugoslavia di un Euro ’92 guadagnato sul campo, a causa della guerra nei Balcani, fu una beffa atroce per una generazione spettacolare ed irripetibile. Tra Roma (su entrambi i fronti), Genova e Milano ti sei fatto apprezzare, passando da ala sinistra a centrale difensivo di formidabili doti balistiche.

Dove lo trovavi allora e quando mai lo troverai, un difensore capace di segnare tre reti in una partita su calcio di punizione? Da nessuna parte.

Quando Sinisa partiva nella sua rincorsa, barriera e portiere sapevano già. Lo sapevano, che le possibilità di grazia da parte tua sarebbero state poche. Un modo di calciare inimitabile.

Mi sembra di vederti prendere la rincorsa, se chiudo gli occhi.

E quel sinistro forte e preciso, una sentenza senza appello. Come il male che hai combattuto come un leone, senza nasconderti, nella tua seconda parte di vita nel calcio. Su una panchina che ti ha visto – anche qui – vivere traiettorie alte e più complicate. Non è mai mancato il tuo essere diretto, senza fronzoli, sempre. Un uomo appassionato e di carattere, apprezzato da tante piazze e da tifosi di tanti colori differenti.

Quando la malattia si è insinuata, avrai pensato che un uomo tutto d’un pezzo come te, temprato dai dolori della guerra che distrusse la casa della tua famiglia e dalla rabbia del tornarci per vedere sul muro la tua foto crivellata di proiettili… Non avrebbe dovuto mostrarsi debole davanti al pubblico.

E invece tu l’hai fatto, condividendo la malattia e dandoci la possibilità di unirci per applaudirti e rispettarti.

Lo faremo sempre.

Ciao Sinisa.

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